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Domenico Felaco IK6QGE

domenico.ikseiqge@tiscali.it

Parlar chiaro o essere brevi

Simboli, abbreviazioni, sigle, acronimi e codici nelle comunicazioni radioamatoriali


Le lingue specialistiche

Capita, qualche volta, che l'ospite che visita la nostra stazione radioamatoriale, magari un poliglotta che non ha problemi con varie lingue straniere, resti piuttosto stupito rendendosi conto di non capire gran parte dei QSO che gli facciamo ascoltare. Siccome, a torto o a ragione, ci considera esperti nella materia, ci chiede chiarimenti e si aspetta risposte pertinenti ed esaurienti.

Purtroppo, però, l'argomento è piuttosto complesso e spesso noi radioamatori annaspiamo alla ricerca di una risposta sensata.

Se il QSO si svolge tra stazioni di diversi Paesi, possiamo far notare che in tali circostanze si parla una “lingua franca dei radioamatori”, cioè una variante semplificata dell'inglese a cui si aggiunge il lessico proprio dei radioamatori; se il collegamento, invece, avviene tra operatori che appartengono alla stessa comunità linguistica, non possiamo, ovviamente, parlare di “lingua franca” e allora cerchiamo di cavarcela con qualche riferimento a un “gergo dei radioamatori” oppure a una “lingua specialistica radioamatoriale” ecc.

Insomma, poiché, a volte, le risposte non sono adeguatamente argomentate, sembra proprio che sia necessario un momento di riflessione sulla materia, magari prendendo spunto dall'osservazione che le persone che hanno qualche tipo di interesse in comune, come capita, appunto, ai radioamatori, tendono ad aggregarsi in gruppi i cui membri comunicano tra di loro usando un linguaggio che è difficilmente comprensibile per gli estranei.

I linguisti parlano di “gergo” quando il linguaggio usato, che può comprendere anche segni visivi o fonici non verbali, presenta aspetti criptici appositamente sviluppati per rendere i messaggi incomprensibili all'esterno del gruppo (per esempio, i gerghi giovanili, i gerghi della malavita ecc.); si parla, invece, di “lingua specialistica” (1) quando la difficoltà di comprensione da parte degli estranei è dovuta esclusivamente alla presenza, nei messaggi verbali, di alcune strutture morfologiche ricorrenti e di un lessico specifico che non è presente, nelle stesse forme, nella lingua standard (come, per esempio, negli idiomi delle professioni, dei mestieri ecc.).

Poiché nelle comunicazioni radioamatoriali non può esserci alcuna ricerca della segretezza in quanto “l'attività di radioamatore consiste nell'espletamento di un servizio, svolto in linguaggio chiaro, o con l'uso di codici internazionalmente ammessi...”(2), è evidente che l'espressione “gergo radioamatoriale” non è appropriata mentre la presenza di un lessico particolare, costituito principalmente dai codici internazionalmente ammessi sopra citati, contribuisce ad attribuire ai messaggi scambiati nei QSO le caratteristiche che, in genere, appartengono alle lingue specialistiche.

I codici internazionalmente ammessi che caratterizzano la lingua specialistica radioamatoriale si presentano, per la maggior parte, come forme brevi, vale a dire come simboli, abbreviazioni, sigle, acronimi e parole in codice.

Esamineremo brevemente, qui di seguito, il significato di tali forme brevi nella lingua corrente, prima di occuparci più approfonditamente dell'influenza che ciascuna di esse può avere sulla lingua parlata dai radioamatori.


I diversi tipi di forme brevi

In contesti particolari, quando la concisione e l'immediatezza della comunicazione linguistica sembrano avere la priorità sulla completezza e sulla chiarezza, singole parole o intere frasi sono sostituite da forme brevi che si possono comunicare più facilmente e più velocemente e di cui illustreremo le principali caratteristiche nell'elenco che segue.

  • Il simbolo è qualcosa che rappresenta qualcos'altro: per esempio, la lettera S è il simbolo chimico dello zolfo, il segno grafico [θ], nella trascrizione fonetica, rappresenta il suono iniziale della parola inglese thing, la bilancia è il simbolo della giustizia, ecc.

  • l'abbreviazione consiste nell'uso di una parte della parola invece della forma intera come, per esempio, tel., prof., pag., ecc.

  • la sigla è formata dalla lettera o dalle lettere iniziali del nome di ditte, enti, associazioni, partiti, persone oppure di denominazioni di qualsiasi tipo; l'insieme delle lettere non deve dare necessariamente origine a una nuova parola di senso compiuto. Per esempio, LCD sta per Liquid Crystal Display e i BTP sono i Buoni del Tesoro Poliennali.

  • L'acronimo (3), da molti considerato un sinonimo di sigla (Devoto-Oli), per altri ha la caratteristica peculiare di essere effettivamente formato in maniera simile alla sigla ma per ottenere una nuova parola di senso compiuto o che almeno possa essere pronunciata senza scandire le singole lettere, come LUCE per L'Unione Cinematografica Educativa o FIAT per Fabbrica Italiana Automobili Torino oppure BASIC per Beginner's All-purpose Symbolic Instruction Code, ecc. Per questa caratteristica è probabile che gli acronimi riescano, più frequentemente delle sigle, a soppiantare le originarie forme estese e ad entrare nel vocabolario come nuove parole.

  • Il codice ha, tra i numerosi altri significati, anche quello di insieme di segni alfabetici, numerici o di altro genere e delle regole che consentono di interpretarne il senso.

Nell'uso quotidiano, si nota una certa alternanza tra i termini sopra elencati, cosa che non crea problemi degni di nota, a meno che il contesto non richieda una particolare precisione lessicale, come nel caso del “nominativo” dei radioamatori, di cui ci occuperemo parlando delle forme brevi usate nell'attività radioamatoriale.


Le forme brevi nelle comunicazioni radioamatoriali

Tutte le comunicazioni radioamatoriali sono influenzate dalle abitudini contratte con l'uso della telegrafia. Anche i radioamatori che, per scelta o per altre ragioni, non s'interessano alle trasmissioni in CW, ne siano consapevoli o meno, utilizzano regolarmente il lessico sviluppato dai radiotelegrafisti.

Poiché il codice Morse richiede la trasmissione di parecchi segni per ogni singola lettera da comunicare – segnali brevi, segnali lunghi e pause di diversa lunghezza – si capisce bene la propensione dei telegrafisti all'uso delle forme brevi in sostituzione delle parole intere (per es.: TNX per THANKS, PSE per PLEASE, U per YOU ecc.), e anche all'adozione di un apposito codice, denominato codice Q, col quale, trasmettendo poche lettere, si possono chiedere o inviare informazioni anche abbastanza complesse.

D'altra parte, anche la telegrafia commerciale ha abituato gli utenti, per via dei costi elevati, a utilizzare uno stile breve e conciso la cui denominazione, entrata nella lingua corrente, è, appunto, quella di “stile telegrafico”.

Con la diffusione delle trasmissioni in fonia, lo “stile telegrafico” non sarebbe stato più strettamente necessario, ma la lingua specialistica radioamatoriale, ormai consolidata, ha continuato ugualmente a mantenere in uso gran parte delle forme brevi adottate dai radiotelegrafisti.

La prima forma breve da prendere in considerazione, parlando di radioamatori, è senz'altro Il nominativo univoco che è assegnato a ciascun operatore e che non è un'abbreviazione, perché, nel suo insieme, non abbrevia niente, non è una sigla, perché le lettere e i numeri che lo compongono non sono necessariamente le iniziali di altre parole e, a maggior ragione, non è un acronimo. Dovrebbe piuttosto essere inteso come un messaggio sintetico, espresso in un codice appositamente creato, che consente di individuare, con una combinazione di lettere e numeri, il singolo radioamatore, il Paese e la zona da cui trasmette e, in qualche caso, anche il tipo di attività che è autorizzato a svolgere.

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Tra le numerosissime forme brevi che costituiscono il nucleo del lessico delle lingua specialistica radioamatoriale, vanno almeno ricordate quelle sotto elencate:

  • i SIMBOLI della matematica, della fisica, dell'elettrotecnica, dell'elettronica e della radiotecnica che, però, per la maggior parte, non si comunicano in forma breve nelle trasmissioni in fonia;

  • le ABBREVIAZIONI, usate specialmente nelle comunicazioni telegrafiche e nei modi digitali;

  • le ABBREVIAZIONI e le SIGLE presenti sui pannelli di controllo dei ricetrasmettitori, degli amplificatori, degli accordatori ecc. e spesso citate nei QSO;

  • i SIMBOLI, le SIGLE o gli ACRONIMI usati nei manuali delle apparecchiature radioamatoriali;

  • il CODICE Q, di cui s'è già parlato, nato per abbreviare e facilitare le comunicazioni telegrafiche ma rimasto in uso anche nelle comunicazioni in fonia.

Naturalmente, ogni tentativo di trattare le numerosissime forme brevi entrate nella lingua specialistica radioamatoriale richiederebbe competenze specifiche adeguate e risulterebbe, in questa sede, assolutamente velleitario.

Possiamo, tuttavia, limitarci a proporre qualche esempio che consenta di evidenziare i problemi di pronuncia che possono sorgere quando invece delle forme estese si usano le corrispondenti forme brevi.


La pronuncia delle forme brevi radioamatoriali

La corretta pronuncia delle forme brevi, ancor più di quella delle parole della lingua inglese dalle quali per la maggior parte derivano, può creare agli operatori non anglofoni qualche non trascurabile difficoltà, di cui forniremo, qui di seguito, alcuni esempi.

  • MIC GAIN – MIC è un'abbreviazione da MICROPHONE [ˈmaikrəˌfəun] (4) che andrebbe pronunciata [ˈmaik] (pronuncia identica a quella dell'altra abbreviazione MIKE). La pronuncia di MIC GAIN dovrebbe essere, quindi, ['maik gein]. Molti radioamatori italiani, però, sentono la forma breve come derivante da MICROFONO e quindi la pronunciano [mik], quando non addirittura [mitʃ], dove [tʃ] è il suono con cui inizia la parola CIELO. Le forme ibride [mik gein] e [mitʃ gein] sono sicuramente di difficile comprensione per gli interlocutori non italiani.

  • Il PTT, che è il pulsante da premere per passare in trasmissione, è un ottimo esempio di sigla che ha assunto esistenza autonoma rispetto all'originale PUSH TO TALK (PREMI PER PARLARE). Infatti, se si tenesse conto dell'espressione di partenza, quando su un manuale si legge “premere il PTT e parlare nel microfono” si dovrebbe intendere “premere il premi per parlare e parlare nel microfono” (sic!).

  • S METER [ɛs ˈmitə*] sta per SIGNAL METER ed è lo strumento che misura, tra l'altro, l'intensità del segnale. Qualche radioamatore, influenzato dall'uso diffusissimo nella banda cittadina, lo trasforma in SMITTER.

  • LSB e USB sono sigle da LOWER SIDE BAND e UPPER SIDE BAND. Si dovrebbero pronunciare ['ɛlɛsbi:] e ['ju:ɛsbi:] ma molti radioamatori preferiscono evitare la pronuncia inglese nel contesto di un QSO in lingua italiana e dicono ['ɛl:e 'ɛs:e bi:] e [u: 'ɛs:e bi:]. Un'ulteriore complicazione è aggiunta dalla presenza, su molte apparecchiature, di una o più prese USB, da UNIVERSAL SERIAL BUS.

  • La sigla SWR non è così frequentemente usata nei QSO, forse per la difficile pronuncia [ɛs ˈdʌblju: ɑː] mentre la corrispondente sigla italiana ROS è ampiamente utilizzata. Spesso, comunque, si usano le espressioni da cui le due forme brevi derivano, vale a dire STANDING WAVE RATIO e RAPPORTO DI ONDE STAZIONARIE

  • La sigla DSP, da DIGITAL SIGNAL PROCESSING [ˈdidʒitl ˈsignəl ˈprəusesiŋ), si è affacciata nelle conversazioni radioamatoriali da quando molti ricetrasmettitori consentono l'elaborazione digitale del segnale audio. La forma estesa è poco usata e la sigla è pronunciata, a seconda delle circostanze, [di: 'ɛs pi:] oppure [di: 'ɛs:e pi:].

Bastano, forse, questi pochi esempi per dimostrare che la pronuncia delle forme brevi che si usano più frequentemente nei QSO meriterebbe un'attenzione maggiore di quella che, in molti casi, riceve.


Parlar chiaro essendo brevi, ma solamente per altri radioamatori

Così come il sentimento di appartenenza a una comunità nazionale è esaltato dall'uso di una lingua condivisa, anche la consapevolezza di far parte di un gruppo i cui membri coltivano gli stessi interessi è sicuramente rafforzata dalla possibilità di esprimersi attraverso un gergo o una lingua specialistica.

Il discorso vale anche per i radioamatori che, specialmente nelle trasmissioni in fonia, potrebbero tranquillamente fare a meno di gran parte delle forme brevi che usano nei QSO ma che, così facendo, rinuncerebbero al tratto più significativo che attesta la loro appartenenza alla comunità mondiale di cui fanno parte.

Le competenze tecniche hanno sicuramente una funzione importante nella definizione del ruolo che ciascun radioamatore può assumere in un QSO, ma di queste competenze – e di molto altro - in definitiva bisogna pur parlare nei collegamenti radioamatoriali, e allora si capisce facilmente come la padronanza di strumenti linguistici adeguati, che comprendono anche le forme brevi di cui ci stiamo occupando, non è sicuramente da sottovalutare.

Così come avviene, per esempio, in campo medico, dove esistono importanti differenze tra le varianti della lingua specialistica parlate dai tecnici, dagli infermieri, dai medici generici o dagli specialisti, anche nelle comunicazioni radioamatoriali i messaggi presentano livelli di complessità che variano col variare delle competenze tecniche e linguistiche degli operatori.

Occorre notare, per concludere, che il lessico specialistico radioamatoriale influenza maggiormente le comunicazioni brevi in cui si scambiano solo poche informazioni sui nominativi, sui segnali, sui nomi e sui QTH, mentre ha un peso minore nel complesso dei messaggi scambiati nei QSO di maggiore durata.

Tuttavia, anche quando sembra che l'unica lingua usata sia quella corrente, il lessico specialistico e le relative forme brevi riemergono frequentemente nelle trasmissioni dei radioamatori che, in definitiva, risultano così fortemente influenzate dai “codici internazionalmente ammessi” da poter essere pienamente comprese solamente da altri radioamatori.


NOTE

1- In questa sede non terremo conto delle distinzioni tra lingue specialistiche, lingue settoriali e microlingue.

2- Decreto legislativo 1 agosto 2003, n.259, Codice delle comunicazioni elettroniche. Capo VII RADIOAMATORI.

3- L'acrostico, qualche volta usato come sinonimo di acronimo, indica, in genere, un componimento poetico nel quale le prime lettere di ogni verso, lette di seguito, danno origine a una parola.

4- Le trascrizioni fonetiche sono tratte dall'English Pronouncing Dictionary di Daniel Jones.


Cf. Domenico Felaco, Parlar chiaro o, meglio ancora, essere brevi, RR 3/2014
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