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Domenico Felaco IK6QGE

domenico.ikseiqge@tiscali.it


Devianza e delinquenza

sulle frequenze radioamatoriali


Qualsiasi significante può comunicare un significato solamente se esiste un ascoltatore che riceve il messaggio verbale e lo interpreta. In altre parole, quando un individuo dice qualcosa, parla inutilmente se non c'è qualcuno che lo ascolta e lo capisce.

Proprio per questo capita, a volte, di avvertire una sensazione di imbarazzo per il solo fatto di soffermarsi ad ascoltare certi messaggi, poveri nei contenuti e spudorati nelle forme, che ci vengono proposti sui vari canali di comunicazione ai quali abbiamo accesso durante la giornata. Si ha l'impressione, insomma, che la presenza di uno o più ascoltatori finisca col conferire un certo grado di rilevanza ai messaggi ricevuti e una qualche forma di legittimazione a chi li proferisce.

Se il fenomeno si manifesta sui canali di comunicazione monodirezionali, come la televisione, le radio commerciali, i siti Internet, il cinema ecc., è possibile sottrarsi alla situazione di disagio spegnendo le apparecchiature o uscendo dalla sala.

Quando, invece, le espressioni triviali e i disturbi di vario genere interferiscono con le normali comunicazioni bidirezionali tra radioamatori, che sono quelle che qui c'interessano, gli operatori coinvolti possono reagire abbandonando la frequenza, cercando di ignorare i disturbatori oppure replicando a tono col rischio di farsi trascinare in uno di quei conflitti verbali nei quali, come vedremo, difficilmente possono riuscire a prevalere.

Naturalmente, la materia è spesso discussa sulle frequenze radioamatoriali con tentativi, a volte ben argomentati, di individuare le cause dei comportamenti anomali e le forme più opportune di reazione. Sembrerebbe, quindi, che un ulteriore approfondimento sul tema poco potrebbe aggiungere alle molte opinioni già ascoltate in radio.

Tuttavia, è forse possibile proporre qualche riflessione sugli aspetti linguistici e comportamentali del fenomeno, limitando al minimo indispensabile i riferimenti alle implicazioni di carattere giuridico che comporterebbero una specifica competenza di cui chi scrive non dispone.

Il turpiloquio

La questione della reciproca influenza tra pensiero e lingua non è ancora pienamente risolta. Restano, infatti, opinioni secondo le quali ogni individuo si esprime verbalmente seguendo gli schemi imposti dall'ambiente in cui la sua formazione linguistica è avvenuta mentre altri sostengono che, al contrario, un determinato modo di parlare condiziona il pensiero e anche la relazione con la realtà in cui si vive.

Probabilmente, c'è del vero in entrambe le posizioni e resta il fatto, comunque, che le modalità del pensiero e la lingua con cui ci si esprime sono strettamente correlate.

Nell'ambito delle manifestazioni verbali dei nostri pensieri, si può parlare di “retorica” quando gli enunciati tendono a persuadere gli altri dell'attendibilità delle argomentazioni proposte, mentre si parla di “dialettica” quando si espongono determinati argomenti per dimostrarne l'oggettiva validità.

L'esposizione completa ed esauriente di un pensiero in una determinata lingua, tuttavia, non è mai un processo banale ma è la manifestazione di un'abilità che presuppone il possesso di conoscenze e competenze linguistiche che si

possono acquisire e affinare solamente con l'esperienza, l'esercizio e lo studio.

Se gli strumenti linguistici a disposizione di un parlante non sono sufficientemente ben organizzati per “persuadere” o per “dimostrare”, allora può manifestarsi la tendenza a cercare alternative per comunicare gli stessi pensieri o le stesse emozioni attraverso poche parole, di forte impatto semantico, che costituiscono la base di quello che normalmente è chiamato “turpiloquio”.

Affinché il “parlare turpe” possa essere riconosciuto come tale ed eventualmente sanzionato (1), è necessario che esista un modo di parlare corretto, civile e generalmente accettato che rappresenti la manifestazione verbale dello schema culturale dominante in una particolare società e in un determinato momento storico.

L'indisponibilità di strumenti linguistici adeguati non basta, da sola, a spiegare il ricorso al turpiloquio. Esistono sicuramente altre concause, come quelle che, per esempio, inducono certi adolescenti ad adottare un linguaggio scurrile, disinibito e irriverente per evidenziare la loro diversità rispetto alle generazioni precedenti.

Tuttavia, il turpiloquio di cui ci occuperemo qui di seguito non è quello impudente dei gerghi giovanili, ma quello aggressivo, malevolo, astioso, che vuole offendere e umiliare e che presuppone un atteggiamento mentale ostile all'interlocutore o all'ambiente in cui la comunicazione si svolge.

La devianza e la delinquenza

L'ostilità nei confronti di singole persone o di particolari comunità può facilmente trasformarsi in un comportamento “deviante”, ossia in un modo di parlare e di agire che “si discosta dalla media dei comportamenti tenuti dal gruppo (…) a cui si appartiene”. (2)

Il “deviante”, dunque, non riconosce la validità delle regole che orientano la condotta degli appartenenti a un determinato gruppo e tende a contestarle nelle forme e nei modi di cui può disporre.

Quando l'atteggiamento “deviante” sfocia nella deliberata “infrazione di quelle norme giuridiche che la società ha codificato per far sì che la forza della Legge sia sempre a prevalere (...)” (3), si passa inevitabilmente dalla “devianza”, che vìola solamente delle norme di costume, alla “delinquenza”, che ha comunque rilevanza penale.

All'estremo opposto rispetto al comportamento “deviante” o “delinquenziale”, si può collocare la posizione di “conformismo acritico” che consiste nella “accettazione passiva degli atteggiamenti più diffusi nella società a cui si appartiene” (4) e che può comunque comportare una condizione di disagio quando, per via delle dinamiche che caratterizzano qualsiasi comunità, la percezione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato tende a cambiare.

Se il “deviante”, il “delinquente” o il “conformista acritico” è un adolescente, si possono ipotizzare interventi mirati della famiglia, della scuola e degli assistenti sociali per recuperare gli individui a una più corretta e costruttiva partecipazione alla vita sociale. Nei casi in cui il comportamento anomalo è attribuibile a persone adulte o addirittura ad anziani la cui personalità è pienamente formata, più che al recupero, occorre pensare alle forme di controllo e repressione di cui ci occuperemo brevemente qui di seguito.

Devianza e delinquenza sulle frequenze radioamatoriali

Le disposizioni nazionali e internazionali che regolano l'attività radioamatoriale non lasciano dubbi sui punti salienti che c'interessano, e cioè:

- per trasmettere e ricevere servendosi di apparecchiature radioamatoriali, è necessario ottenere un'autorizzazione generale rilasciata dal Ministero;

- per richiedere un'autorizzazione generale si deve possedere una patente di radioamatore che si ottiene superando un apposito esame;

- chi è in possesso di una patente e di un'autorizzazione generale può trasmettere sulle frequenze riservate ai radioamatori attenendosi alle regole fissate nelle leggi vigenti;

- il controllo e la repressione degli abusi nella conduzione della stazione radioamatoriale sono di competenza del Ministero delle Comunicazioni e degli organi di polizia. (5)


Le trasmissioni che non rispettano, in tutto o in parte, le norme citate, possono essere attribuite a operatori che sono formalmente in regola con le procedure ma che, per motivi personali, contestano le attività che si svolgono sulle frequenze radioamatoriali oppure a individui che non hanno seguito il normale percorso per ottenere la patente e l'autorizzazione all'installazione di una stazione radio e che disapprovano la normativa, considerata vessatoria, che tenderebbe ad attribuire ad un gruppo ristretto di individui un bene (le frequenze radioamatoriali) che dovrebbe essere, invece, lasciato alla disponibilità di tutti.

Comunque, si tratti di radioamatori o di non radioamatori, i comportamenti “devianti”, e ancor più quelli “delinquenziali”, si concretizzano, in un ambito in cui le interazioni tra gli individui sono prevalentemente di carattere verbale, nell'uso del turpiloquio aggressivo e nella volontà di insultare e disturbare.

Il “parlare turpe” sulle frequenze radioamatoriali, in particolare, può risultare intollerabile perché tende ad infrangere gli schemi culturali consolidati nell'ambiente in cui è usato, superando deliberatamente le barriere dei “tabù” linguistici con espressioni che, è quasi superfluo evidenziarlo, riguardano prevalentemente la sfera delle caratteristiche sessuali degli interlocutori e del loro parentado di genere femminile.

Oltretutto, le trasmissioni radioamatoriali, pur essendo destinate a un numero limitato di ascoltatori, sono comunque pubbliche, nel senso che chiunque, legalmente, illegalmente o occasionalmente può ascoltarle.

La presenza di un numero più o meno consistente di ascoltatori amplifica enormemente l'efficacia dei messaggi trasmessi, tanto che il destinatario delle eventuali offese, stretto tra il desiderio di allontanarsi da una situazione conflittuale non desiderata (fuga) e la propensione a reagire adeguatamente (aggressione), può finire col comportarsi in modo irrazionale e sicuramente difforme rispetto ai suoi atteggiamenti abituali (patologia). (6)

Chi provasse, per evitare la “fuga” e in contrasto coi propri schemi mentali, a rispondere al turpiloquio col turpiloquio, oltre che meritare le stesse critiche riservate ai “devianti” e ai “delinquenti” di cui s'è detto, si troverebbe comunque a dover superare le sue barriere culturali e linguistiche che sono generalmente più solide di quanto comunemente si possa credere.

Il controllo e la repressione

I fenomeni di cui ci stiamo occupando si manifestano su tutte le bande radioamatoriali ma ricorrono meno frequentemente su quelle in cui le lingue straniere, la telegrafia, i modi digitali e altri tipi inusuali di trasmissione creano filtri che sono difficili da superare.

Senza entrare nel merito delle tecniche di disturbo, che sono fin troppo note, occorre fare almeno un cenno alle simulazioni di pronunce e andamenti tonali regionali, a volte accurate ma quasi sempre riconoscibili, che hanno lo scopo evidente di indirizzare il risentimento verso radioamatori di zone particolari del Paese. Sembra perlomeno bizzarro che si possano dedicare tempo ed energie all'apprendimento della produzione corretta di fonemi e intonazioni a cui non si è abituati al solo scopo di fomentare dei conflitti tra operatori di diverse aree linguistiche.

Per quanto riguarda le reazioni, l'esperienza dimostra che l'intervento dei singoli radioamatori per ripristinare, con la sola forza delle parole, la condizione di legalità, risulta normalmente più dannoso che utile.

Sembrerebbe, infatti, che non si riesca a ottenere alcun risultato degno di nota con l'uso di diversi registri linguistici, da quello alto che pretende di essere intimidatorio e vuole accentuare le differenze culturali tra disturbato e disturbatore, a quello medio col quale, a volte, si cerca di accattivarsi le simpatie di chi disturba, a quello basso con cui si entra, addirittura, in competizione verbale sul piano del turpiloquio.

Senza alcuna pretesa di individuare e proporre soluzioni definitive a un problema così complesso, si può comunque evidenziare il fatto che, accertata l'inefficacia delle reazioni dei singoli radioamatori, per ottenere qualche risultato significativo occorre poter contare sull'intervento degli organismi appositamente designati cui s'è fatto cenno.

Naturalmente, non è difficile immaginare che occuparsi del “parlare turpe” di qualche individuo che si intrufola illegalmente sulle frequenze radioamatoriali possa non essere in cima alle priorità degli organismi citati. Tuttavia, per evitare che le norme che riguardano l'attività radioamatoriale restino un puro esercizio di scrittura, si deve pur riconoscere che una maggiore attenzione al controllo e alla repressione degli abusi è indispensabile.

Al singolo radioamatore che non voglia rassegnarsi a reagire alle situazioni anomale con la fuga o con l'aggressione, resta il compito non secondario di segnalare agli organismi competenti gli abusi che, da troppo tempo e con incredibile spirito di emulazione e di competizione tra i disturbatori, rendono infrequentabili alcune bande radioamatoriali.


Note

1- Il turpiloquio in luogo pubblico o aperto al pubblico è attualmente punito con un'ammenda.

2- F. Scala, G. Francione, G. Scala, Delinquenza giovanile, Edizioni Gee, pag. 3.

3- Ibid. pag.3.

4- Ibid. pag. 6.

5- Decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259; allegato 26; decreto 21 luglio 2005 ecc.

6- Cf. Konrad Lorenz, L'aggressività.

Cf. RadioRivista 5-2015

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